Ho iniziato a bazzicare nel mondo Farmacia circa vent’anni fa
anno più o anno meno. Mi sono mosso lungo tutto lo stivale (qualcuno sicuramente più autorevole di me potrebbe dire… “dal Manzanarre al Reno”) con qualche breve excursus verso i mercati stranieri, incontrando centinaia di Farmacisti.
Nel corso di questi anni, quasi superfluo affermarlo, le dinamiche di gestione e di utilizzo dello spazio farmacia sono mutate anche in maniera notevole. Un nuovo modo di lavorare, l’introduzione di tecnologie impensabile negli anni novanta, un approccio culturalmente differente da parte dei clienti (ora meno pazienti e più utenti) hanno determinato una riconsiderazione sia dello spazio fisico che dei sistemi in cui la Farmacia trova la sua propria rappresentazione.
Facciamo un piccolo, ma significativo passo indietro…o di lato se si preferisce. Pensiamo una qualsiasi attività in cui si debba instaurare un rapporto dialettico (o commerciale?) tra cose e persone in cui l’organizzazione spaziale diventa medium fondamentale.
Questo spazio, nella sua complessità gestionale, necessita un dinamismo, quasi fisiologico, aderente alle tensioni mutevoli del mercato. Tutto questo non per sfizio, ma dettato quasi esclusivamente dalla necessità di essere economicamente sostenibile e contemporaneo. In un progetto di retail tutto questo si riassume in una parola: re-fitting.
E la nostra beneamata Farmacia come si comporta?
Come si pone davanti ai micro cambiamenti che si sono sovrapposti ad un modello di organizzazione pensato magari a cavallo del nuovo millennio?
“La mia farmacia è ancora… bella… i mobili sono ancora in ottimo stato e hanno sopportato bene lo scorrere del tempo… avevo pensato ad un progetto lungimirante che a distanza di quasi vent’anni funziona ancora bene”.