Questa estate la mia compagna mi ha organizzato un giretto a Favara; quando me ne ha parlato non sapevo manco dove esattamente fosse.
Il 25 Luglio arriviamo all’aeroporto di Catania, noleggiamo un’auto e attraversando da est a sud-est la bellissima Sicilia arriviamo in questa piccola e affascinate cittadina.
Soggiorniamo in un appartamentino all’ultimo piano di uno storico palazzo che si affaccia sulla piazza principale del paese. Dopo un paio d’ore dal nostro arrivo ci viene fatto un primo regalo, dalla chiesa che troneggia di fronte a noi, si sta celebrando un matrimonio che riversa per le strade persone festose e agghindate a festa, o meglio, a matrimonio. Uno spettacolo che mi godo dal balconcino della nostra stanza.
La sera usciamo alla ricerca di un ristorante, e passeggiando per le vie sgarruppate del centro, incrociamo un edificio “che mi parla”, e mi dice: “è qui che devi venire…”
E così facciamo: entriamo in questo “ristorante” che si allarga su un giardino interno circondando da edifici ristrutturati in un modo che non lascia dubbi, e suscita in me un pensiero: “qui ci ha messo la testa uno bravo”.
Mentre aspettiamo la nostra ordinazione non posso fare a meno di partire in solitaria, per un tour di perlustrazione. Voglio capire cosa ci fa un posto così curato che trasuda gusto equilibrio e rappresenta un melting pot tra antico e moderno, minimal e dettagli d’arredo che ripercorrono la storia del design italiano, in quell’angolo sperduto di mondo.
Qualcuno si accorge di questa mia incuriosita presenza e anticipando un mio desiderio, si palesa al nostro tavolo l’artefice di tutta quella bellezza.
È un giovane architetto favarese, Lillo Giglia, che ci racconta i dettagli del progetto di recupero dello spazio, che ancor di più rende affasciante il luogo e la storia che si cela tra le mura di pietra.
Dove ora sorge un’oasi verde, che ci vede consumare una squisita cruditè di pesce, c’erano macerie, un enorme cumulo di macerie.
Il tema delle macerie e dell’abbandono è stato, e in parte ancora è, un tema persistente a Favara.
Lillo ci racconta di come abbia deciso di investire nella riqualificazione di quella zona, tra difficoltà, momenti di ripensamento, sconforto e memorie legate alla sua infanzia.
L’indomani ci rechiamo a quella che è la nostra principale destinazione: Farm Cultural Park, e li, tra le varie meraviglie di quell’incredibile museo a cielo aperto resto colpito da un’emozionante storia che mi rimescola sentimenti diversi: ammirazione, commozione, gelosia e ahimè, mi mette con le spalle al muro.
La storia è quella di un omino che fa un voto alla Madonna, alla quale promette che se lo farà guarire dalla sua grave malattia, le sarà riconoscente dedicandole niente meno che una cattedrale.
